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I Vincitori

Ci sono attori che, per stile di recitazione, timbro vocale, fisionomia, si prestano perfettamente ad incarnare il ruolo dell’eroe. Si tratta di un ruolo che, suscitando naturale simpatia, favorisce popolarità e successo. Claudio Santamaria ha invece scelto un percorso più complicato, interpretando prevalentemente il ruolo dell’antieroe, ovvero rivilegiando una serie di personaggi scostanti, inquieti, depressi, solitari, tormentati. Ma lo ha fatto con una sincerità e una naturalezza tali da suscitare empatia. Dietro le apparenti asprezze di tanti personaggi, Claudio Santamaria ha rivelato e portato alla luce fragilità, debolezze, traumi irrisolti, facendo emergere un’intimità dolente e molto vera. La filmografia di Claudio Santamaria comprende molti ritratti indimenticabili, a cominciare da Cristiano, che ne L’ultimo capodanno di Marco Risi, vittima della sindrome di hikikomori, si rinchiude nella propria camera, incapace di affrontare il mondo esterno e le relazioni sociali. E poi con Gabriele Muccino ha dato volto e anima a Paolo, il protagonista depresso, incapace di accettare la fine del rapporto con Arianna ne L’ultimo bacio e destinato ad una tragica fine suicida nel sequel Baciami ancora. E sempre con lo stesso regista, è stato Riccardo, il personaggio più tormentata de Gli anni più belli, in costante difficoltà come marito e come padre. Ma nella galleria ci sono anche Pentothal, il fumettista inerte, svogliato, passivo di Paz! di Renato De Maria e, a dimostrazione che il disagio psichico si può esprimere in forme diametralmente opposte, Enzo Ceccotti, il nevrotico, iperattivo, scatenato, incontrollabile protagonista de Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e l’irresponsabile e inaffidabile Willy di Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores. Quelle ricordate sono soltanto alcune delle performance meritevoli di attenzione offerte da Claudio: per questo il Premio Speciale Spiraglio 2021, appare più che meritato.

Franco Montini
Direttore artistico de Lo Spiraglio Filmfestival

Premio  Jorge García Badaracco – Fondazione Maria Elisa Mitre al miglior Lungometraggio

NON FAR RUMORE

di Alessandra Rossi e Mario Maellaro
Con un taglio da inchiesta giornalistica, ma non priva di empatia e partecipazione umana, il film porta alla luce una storia poco nota di umiliazioni e sofferenze di cui gli emigranti italiani in Svizzera sono stati vittime. Il racconto dimostra come certe ferite non si siano mai rimarginate e insieme denuncia le responsabilità politiche e morali di due stati.

Menzione Speciale al Lungometraggio

COME STANNO I RAGAZZI

di Alessandro Tosatto e Andrea Battistuzzi
Un lungometraggio di inchiesta sullo stato dei servizi di neuropsichiatria infantile italiani, sull’emergenza giovani e su come si presentano, raccontati dagli stessi ragazzi che li vivono, i disturbi psichici nell’adolescenza. Un documento forte e chiaro dove si alternano le voci dei medici e quelle dei pazienti, da cui emerge forte la necessità di rafforzare la rete dei servizi con un’ottica preventiva e di intervento precoce.

Premio Fausto Antonucci al miglior Cortometraggio

JOY

di Nour Gharbi
Un piccolo film su una storia vera che diventa testimonianza e simbolo di dolore ma anche di possibilità di cura e riscatto. Il presente e il passato di Joy scorrono tra la vita quotidiana e il ricordo, i traumi, il viaggio, la clandestinità, la malattia mentale. Un ritratto forte che scuote e fa pensare.

Menzione Speciale al Cortometraggio

HO TUTTO IL TEMPO CHE VUOI

di Francesco Falaschi
Una educatrice cerca di scuotere dall’isolamento sociale in cui si è autorecluso un ragazzo. Affrontando un fenomeno sempre più diffuso, noto come hikikomori, il film mostra con grande competenza le fragilità, le contraddizioni, la rabbia repressa, che non riesce ad esplodere, di chi è vittima e di chi cura. Il tutto immerso in un appassionante crescendo drammatico, anche grazie alle convincenti interpretazioni di Cecilia Dazzi e Luigi Fedele.

Premio SAMIFO

per LOS BURGUESES DE CALAIS, la última frontera

di Jesús Armesto

La giuria ha deciso di premiare il film-doc "I borghesi di Calais" per la capacità di raccontare la vita dei migranti attraverso un fatto storico e per le scelte filmiche in senso stretto. "I borghesi di Calais" risulta ben strutturato e con una regia attenta e dettagliata; presenta, inoltre, un'ottima sceneggiatura, una fotografia ben articolata e delle interviste che forniscono una visione ampia della drammatica situazione e che aiutano lo spettatore a cogliere la complessità della realtà dei migranti. L'alternanza di scene in bianco e nero e a colori è giustificata perché il film sviluppa tre temi con tre ritmi: le interviste in bianco e nero appartengono a volontari, avvocati, artisti, immersi nel mondo dei rifugiati e ai rifugiati stessi che tentano di oltrepassare la rete che dà accesso all'Eurotunnel, mentre il colore appartiene alla parola di una donna che mette in relazione, poeticamente, la fragilità degli esseri umani migranti, da i primi sapiens che arrivarono in Europa dall´Etiopia circa 100.000 anni fa, senza frontiere e senza documenti, fino ad oggi.

Premio Samifo menzione speciale

per PAPER BOAT

di Luca Esposito

la giuria ha voluto segnalare questo corto per la sua intensità, la sua capacità comunicativa e per il linguaggio simbolico con cui si sviluppa la narrazione filmica. Nei setti minuti del suo svolgimento racconta la tragedia delle morti in mare dei migranti, coinvolge lo spettatore favorendone l’identificazione con le vittime, si rivolge direttamente ai ragazzi coinvolgendoli con un linguaggio e con delle sonorità, che appartengono a loro. La camera fissa e l’uso intenso del primo piano aumentano la suggestività e la drammaticità del racconto, non dimenticando quella speranza che appartiene al cuore umano.